Raccolta Articoli sul Tema

Arrivano i Manga
di Giovanni Scillitani
pubblicaro il 6-giugno-2006 su Pagine 70

L'invasione iniziò il 4 settembre 1977 sulla Rete 2 della RAI. Nessuno, però, sospettò che il piccolo Vickie fosse la testa di ponte di quell'armata nipponica che avrebbe rivoluzionato la nostra cultura di massa.

"Vickie il vichingo" fu il primo cartone animato seriale giapponese trasmesso in Italia, una coproduzione tedesco-nipponica Taurus Film/Nippon Animation realizzata nel 1974. La cosa passò inosservata, dopo tutto nel cartone la presenza giapponese era molto poco percepibile, dato che si riprendevano trame e personaggi di una serie letteraria creata nel 1965 dallo svedese Runer Jonsson, molto popolare nei paesi nordeuropei. La vera invasione iniziò l'anno successivo, il 1978: il 2 febbraio la Rete 1 della RAI iniziò a trasmettere "Heidi", cui la Rete 2 rispose il 14 febbraio con "La famiglia di Barbapapà" e il 4 aprile, in fascia preserale, con "Atlas UFO Robot". Il processo era ormai inarrestabile, il grandissimo successo provocò una corsa tra RAI e TV private per accaparrarsi altri cartoni e in rapida successione tra il 1978 e il 1980 esordirono sugli schermi nostrani "Danguard", "Kimba, il leone bianco", "Zum, il delfino bianco", "Capitan Harlock", "Il Grande Mazinga", "Jeeg Robot d'acciaio", "Ken Falco il superbolide", "Lupin III", "Remi, le sue avventure", "Tekkaman", "Anna dai Capelli Rossi", "Astrorobot Contatto Ypsylon", "Candy Candy", "Daitarn 3", "Getta Robot", "Gundam", "Huckleberry Finn", "La principessa Zaffiro", "L'ape Magà", "L'ape Maia", "Mazinga Z" e "Starblazers", solo per citare i principali.

Il mondo dell'editoria non tardò a fiutare l'affare e adeguarsi: librerie e edicole furono invase da libri, fumetti ed albi di figurine con i nuovi eroi del Sol Levante. In un'epoca in cui i videoregistratori erano ancora un lusso per pochi tali pubblicazioni servivano a mantenere la continuità fra la trasmissione di un episodio e l'altro. Inoltre, esse contribuivano ad avvicinare i lettori ai propri beniamini con materiale che si poteva conservare e guardare a piacimento, a differenza di quello televisivo. Il Giappone all'epoca era uno dei primi paesi del mondo per produzione e consumo di fumetti, o "manga" nella lingua del luogo. Il successo di un manga di solito determinava la nascita di un corrispondente cartone animato, o "anime" e viceversa, perciò di praticamente tutte le serie animate presentate in Italia esistevano manga nella terra d'origine. Tuttavia, gli editori italiani preferirono evitare i fastidi della traduzione e dell'adattamento e si rivolsero a materiale di produzione nostrana.

La prima rivista italiana del genere fu, ovviamente, dedicata a Heidi. Il 24 febbraio 1978 - solo 10 giorni dopo la prima TV! - la romana Ediboy di Renato Circi mandava in edicola il primo numero de "Le belle storie di Heidi", settimanale di 16 pagine di cm 18,8x24,6 al costo di Lit. 250. La rivista conteneva storie molto semplici, con didascalie e balloon, realizzate per la prima infanzia in Spagna dalla Editorial Bruguera per conto della tedesca Munchen Merchandising, che deteneva i diritti di Heidi. Ne uscirono 100 numeri fino al 1980. Al settimanale si affiancò in seguito il mensile dallo stesso titolo e contenuti simili, di cui uscirono sei numeri tra giugno e novembre 1978. Ediboy pubblicò inoltre l'activity book "Gioca Leggi Colora Heidi", contenente una storia a fumetti nei primi numeri e poi racconti con didascalie e varie attività manuali. Di questa pubblicazione uscirono 23 numeri a cadenza mensile tra aprile 1978 e giugno 1980.

A questo punto entrò in scena la romana Edierre dell'intraprendente editore Luigi De Rossi, il quale si associò con gli editori Salani e AMZ e si affrettò a rilevare i diritti librari di Heidi dalla Munchen Merchandising. La Edierre avrebbe coperto il mercato delle edicole, mentre Salani e AMZ quello delle librerie. Nel 1978 apparvero così in edicola otto volumetti a 64 pagine di cm 17x24 con il prezzo di Lit. 1500 ciascuno che raccontavano a fumetti l'intera saga televisiva di Heidi, ancora di produzione spagnola, poi riproposti lo stesso anno in due grandi albi di cm 34,5x24, "Heidi e il nonno" e "Heidi e Clara" al costo di Lit. 6500 cadauno. De Rossi si rivolse poi al fiore all'occhiello di RAI2, "Atlas UFO Robot", i cui diritti erano stati messi sul mercato dalla concessionaria della pubblicità della RAI, la SACIS, ma fu battuto sul tempo dalle liguri Edizioni Flash di Giovanni Carozzo, perciò rilevò solo i diritti per le figurine. Le Edizioni Flash affollarono immediatamente le edicole con la saga del grande robot e pubblicarono a partire dal 1978 i mensili "Tele story Atlas UFO Robot" (41 numeri fino al 1982) e "Atlas UFO Robot presenta Goldrake" (104 numeri fino al 1981) e dal 1979 "Actarus" (16 numeri fino al 1981), tutti con storie scritte da Massimo Pedretti e disegnate dallo spagnolo Joaquin Chacopino. Altre storie furono pubblicate nel 1978 sul quattordicinale "TV Junior" (uscito per 8 numeri) e nel 1979 sul settimanale "Portobello" (uscito per 6 numeri).

I tempi erano maturi perché la RAI scendesse direttamente in campo attraverso la sua editrice, la torinese ERI. Alla fine del 1978 si decise di affiancare alla storica testata "Radiocorriere TV" una rivista settimanale dedicata ai bambini, cui fu dato lo stesso titolo di una trasmissione contenitore a loro dedicata. "Il Trenino della TV" esordì il 30 ottobre 1978 e proponeva brevi racconti, fumetti e giochi a cura dello Studio Effepicì di Milano. L'ondata giapponese indusse i responsabili ad allargare l'utenza del "Trenino" ai ragazzi delle scuole medie e ad inserire nel giornale gli eroi di cui la SACIS deteneva i diritti. Dal primo aprile 1979 così "Il Trenino della TV" diventò "TV Junior" e ospitò serie a fumetti realizzate da noti studi italiani, quali Immagini e Parole, Bierrecì, Studio Smack, Staff di If, Studio Farina, Edistudio e Cartoon Studio. Si trattò di serie in genere d'ottima qualità, di cui ricordiamo tra il 1979 e il 1980, "Capitan Harlock" di Carlo Scaringi/Studio Farina, "Heidi" di Luciano Bottaro/Studio Bierrecì, "Huck Finn" di Enzo Marciante, "Mazinga Z" di Leone Cimpellin, "Supergoldrake" e "Remi". Quest'ultimo fu pubblicato anche in una serie di supplementi del "Radiocorriere TV" del 1979, illustrati con i fotogrammi della serie animata della Tokyo Movie Shinsha: "Remi", "Remi le sue avventure" (tre volumetti narrati da Manuela Bertesaghi), "Remi le sue avventure" (volume unico con testi di Silverio Pisu), "Manuale delle avventure e dei mestieri di Remi" (testi di Alberto Cedriano, disegni di Fulvio Bortolozzo) e i tre volumi di "Remi le mie avventure a fumetti", con brevi storie inedite.

Nella competizione entrarono anche grandi editori come Fabbri, Mondadori e Rizzoli.
Fabbri, primo fra tutti, decise di rivolgersi direttamente al mercato d'origine e comprò in Giappone i diritti del manga "Il Grande Mazinga" di Go Nagai e Gosaku Ota. Nel dicembre del 1979 debuttò così in edicola il settimanale "Il Grande Mazinga", 32 pagine in formato 17x24,3 cm a Lit. 500. Carla Fioroni colorò il fumetto, che in originale era in bianco e nero. Ne uscirono 25 numeri fino al 1980. La testata cambiò dal numero 2 in "Il Grande Mazinger".
Mondadori rilevò i diritti di Remi per il circuito librario, per cui pubblicò cinque volumi illustrati con i fotogrammi della serie animata nel 1979-80. Nel frattempo, riscuoteva un buon successo "Il mensile di Barbapapà", in edicola fin dal 1976, prima quindi del debutto della serie televisiva del 1978. Il giornale, dedicato ai bambini più piccoli, pubblicava storie originali di Annette Tison e Tylus Taylor, creatori dei simpatici personaggi trasformisti e anche racconti realizzati in Italia da Massimo Marconi e Massimo Dotta. Nella rivista vi erano inoltre rubriche varie che si fingeva fossero curate dai protagonisti del fumetto. Il mensile uscì per 100 numeri fino al 1985, raggiungendo picchi di vendita di oltre 200.000 copie in concomitanza con la trasmissione della serie TV. Barbapapà non può essere considerato strettamente un manga, essendo stato creato in Francia, comunque la serie animata fu realizzata interamente in Giappone dalla Topcraft, perciò a buon diritto può figurare in questo contesto.
Rizzoli seguì una linea simile a quella della ERI per "TV Junior" e decise di inserire i manga nella propria rivista per bambini, il glorioso "Corriere dei Piccoli". Nei numeri 9-25 del 1978 apparve così Heidi, primo personaggio nipponico di una lunga serie.

Altri editori rimasti senza diritti tentarono di entrare in gioco realizzando riviste con epigoni e imitazioni. La milanese Epierre a partire dall'aprile del 1979 presentò la Collana Telefumetto, serie di lussuosi albi mensili realizzati dallo Staff di IF sotto la direzione di Alfredo Castelli. Nei dieci numeri usciti tra il 1979 e il 1980 furono pubblicate storie di Capitan Sherlock (ispirato al Capitan Harlock di Leiji Matsumoto), Golzinga (robot ibrido tra Goldrake e Mazinga), Heidi e Remi (scritto "Remy"), queste due ultime lecite perché versioni a fumetti d'opere letterarie che avevano ispirato anche gli anime. Tale possibilità fu sfruttata anche dalla Ediboy, la quale lanciò sul mercato tra il 1979 e il 1980 ben quattro testate ispirate all'orfano di Hector Malot che strizzavano l'occhio alla serie animata: il settimanale "Remi in Senza Famiglia", il quindicinale "Gioca Leggi Colora Remi in Senza Famiglia", il mensile "Remi in Senza Famiglia Special" e lo speciale numero unico "Remi in Senza Famiglia (Remi Lusso)". In modo simile, la già citata "TV Junior" delle Edizioni Flash pubblicò Heidi come riduzione a fumetti del romanzo originale di Johanna Spyri.

Sul fronte dell'editoria delle figurine Panini, il colosso italiano del settore, si affrettò a far piazza pulita di tutti i diritti e pubblicò massicciamente serie dedicate a praticamente tutti i personaggi del momento, con l'eccezione di "Atlas Ufo Robot" i cui diritti erano detenuti da De Rossi. Per eliminare il pericoloso concorrente Panini rilevò così da De Rossi non solo tali diritti, ma addirittura i macchinari per la produzione delle figurine! La Ediboy pubblicava intanto una raccolta di figurine del "suo" Remi, il cui album fu allegato anche a "Topolino" n. 1247 del 1979.

Nei primi anni '80 la tendenza proseguì in crescendo: nel solo 1982 furono proposte dalle televisioni italiane una sessantina di nuove serie animate, oltre a quelle già presentate. Si trattò di un fenomeno unico al mondo, che nell'arco di qualche anno propose nel nostro paese tre quarti buoni dell'intera produzione animata giapponese e che attirò l'attenzione dei media, degli opinionisti, degli psicologi e dei genitori. Partì così una crociata contro gli anime, accusati delle più terribili nefandezze: violenti, strappalacrime, ripetitivi, freddi perché realizzati al computer (assolutamente falso), con allusioni sessuali e quant'altro. La RAI decise allora di cessare quasi del tutto la trasmissione di tali cartoni e ne cedette i diritti. Le TV private continuarono per un po', ma presto ridussero lo spazio dedicato agli anime a causa del mercato ormai sovraffollato. Solo la Fininvest continuò a proporre cartoni, ma filtrati attentamente per non offendere la pubblica opinione: via le serie più violente a favore di quelle per bambini e ragazze, eliminazione di qualsiasi accenno al Giappone attraverso la trasformazione dei nomi dei protagonisti e dei luoghi, censura di episodi e scene che potessero turbare i giovani spettatori.

Nel frattempo, il mercato editoriale era ormai saturo di nuove proposte e ristampe. La parte del leone continuarono a farla De Rossi con il suo settimanale "La Banda TV", la ERI con "TV Junior", Fabbri con la rivista per ragazze "Candy Candy" (che poi assorbì "TV Junior") e Rizzoli con il "Corriere dei Piccoli" sempre più pieno di personaggi nipponici. La crisi non tardò a giungere. La programmazione televisiva quotidiana, persino con più passaggi quotidiani nelle TV private rendeva ormai inutile per i ragazzi l'acquisto di giornali con i propri eroi, visto che praticamente non c'era neppure più il tempo per leggerli. La diffusione dei videoregistratori permetteva ormai a molti di registrare gli episodi televisivi e riguardarli a piacimento. Infine, la crociata contro i prodotti del Sol Levante rese i genitori restii all'acquisto dei manga per i propri figli. Il crollo del mercato fu inevitabile. De Rossi con tempismo eccezionale si affrettò a cedere tutti i diritti alle milanesi Edizioni TV di Gianni Eusebio e Giuliano Cimarra, perciò per qualche tempo "La Banda TV" continuò ad uscire con il nome "Cartoni in TV", cui si affiancarono "Noi Supereroi" e "Telefumetto", oltre a testate su singoli personaggi. Ma ormai la bolla di sapone era scoppiata e in pratica nessuna testata sopravvisse oltre il 1985.

I manga tornarono in auge tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, a seguito del successo di serie TV come "Kiss Me Licia" e di fumetti d'autore come "Akira" di Katsuhiro Otomo. Il mercato editoriale stavolta presentò i prodotti originali tradotti in accurate edizioni filologiche e le proposte si moltiplicarono grazie anche alla nascita delle fumetterie, che permisero di adeguare la produzione alla richiesta. Nuovi prodotti nacquero anche sull'onda del successo dei videogiochi e dei giochi di carte, come "Pokemon" e "Yu-Gi-Oh!", autentici fenomeni multimediali. Il proliferare dei manga di produzione italica non si è però più verificato. Quel caotico periodo tra la fine dei '70 e i primi '80 che vide il mercato editoriale affollato da decine di prodotti nostrani resterà unico nella storia dei fumetti del nostro paese. I giudizi complessivi sul fenomeno sono per lo più negativi, a causa della scarsa qualità di molte proposte, nate solo per sfruttare economicamente il momento favorevole. Non si può negare, però, che quella produzione assicurò il lavoro a parecchi autori italiani che in quel momento sarebbero rimasti disoccupati a causa della crisi di molte testate tradizionali. Bisogna, inoltre, riconoscere che i migliori anime e manga hanno portato una ventata di freschezza nel modo occidentale di concepire cartoni e fumetti, indicando nuove strade espressive. Verso quei grandi artisti orientali l'occidente avrà a lungo un debito di gratitudine.

BIBLIOGRAFIA ORIENTATIVA
Baglini, Claudia e Zacchino, Cristiano. Manga Made in Italy. IF Immagini & Fumetti 8, marzo 1999, pag. 62-73.
Bono, Gianni. Guida al fumetto italiano. II edizione. Voll. 1 e 2. Epierre, Milano, 2002.
Groensteen, Thierry. Il Mondo dei Manga. Introduzione al fumetto giapponese. Granata Press, Bologna, 1991.
Marazzi, Paolo e Pappalettera, Roberto. Nuova Lista Cartoni. On line, ultimo accesso 30/3/2005

PAGINE 70:
Giovanni Scillitani
http://www.pagine70.com/vmnews/wmview.php?ArtID=642


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INTERVISTA A GIOVANNI CAROZZO
di Massimo Manfredi e Nicola Guerra
pubblicato il 7-aprile-2003 su Goldrake.info

Abbiamo incontrato Giovanni Carozzo, 50 anni, figlio d'arte (suo padre lavorava con la "Lampo" di Vecchi, che editò le prime figurine in Italia), negli uffici della "Diamond Publishing" di La Spezia per parlare dei tempi in cui, con il nome di "Edizioni Flash", la sua casa editrice pubblicava i fumetti (autoprodotti) di "Atlas Ufo Robot" e di altri personaggi dei cartoni giapponesi degli anni '70.





M & N: Per cominciare vorremmo che ci facesse una breve storia delle "Edizioni Flash": come sono nate, quando e perché avete deciso di entrare nel mercato giapponese, ecc.

CAROZZO: Dunque, si parla grosso modo del 1978. In Germania venne trasmessa per la prima volta, per lo meno a mia memoria, una serie giapponese con un enorme successo, che era "L'ape Maia" e noi preparammo una serie di figurine per il mercato tedesco. Di fronte al successo incredibile che ottennero, si creò una grande attesa sul mercato italiano per gli altri prodotti giapponesi.. Il secondo prodotto che uscì in Germania fu "Heidi": anche per essa abbiamo realizzato le figurine che bissarono il successo precedente.
Quindi nel 1978 la SACIS (la società di Merchandising della RAI) decise improvvisamente di trasmettere, mi pare in Aprile (per la precisione martedì 4, ndr), il cartone animato di "Atlas Ufo Robot". Noi provenivamo da questo successo giapponese e abbiamo cercato di avere le figurine, che allora erano la nostra attività principale. Queste erano però già acquisite da un imprenditore romano, tale De Rossi della "Edierre", che ci ha anticipato grazie allo scarso interessamento della "Panini", che forse non credeva nel prodotto. Così abbiamo chiesto i diritti per i fumetti alla SACIS.
Non avendo abitudine al fumetto, abbiamo contattato Fabrizio Melegari della "Interpublishing", un bravo grafico che realizzò tra l'altro l'album di Capitan Harlock. Questi ci mise in contatto con un vecchio disegnatore spagnolo, tale Chacopino, che disegnò il fumetto.

M & N: Si tratta forse del disegnatore che realizzò poi "Mazinga Z" per la Salani?

CAROZZO: Non credo, lui due anni dopo ci realizzò "Dolly Dolly" e "Pierrot", una linea di figurine di un certo successo. Poi collaborò anche con la "Vallardi" e la "Merlin", curandone la linea grafica.

M & N: Dunque l' "Interpublishing" non era una agenzia di fumetti vera e propria.

CAROZZO: No, i fumetti li realizzavamo direttamente noi, fornendo le sceneggiature a questo disegnatore.

M & N: Chi se ne occupava, nello specifico? All'epoca non c'erano certo i "tamburini" come oggi...

CAROZZO: A dire il vero non ricordo... era un lavoro interno, di equipe, al quale avrò sicuramente collaborato anch'io.

M & N: Quanto tenevate conto della serie televisiva nella stesura dellle sceneggiature? Spesso le storie ne erano assolutamente slegate.

CAROZZO: In una prima fase seguivamo le puntate TV, poi abbiamo inevitabilmente preso una strada autonoma, anche in considerazione del fatto che "Atlas Ufo Robot" usciva ogni settimana. In più lanciammo un mensile ("Telestory") e altre testate (Starblazers, Gatchman, Astro Robot) che ebbero alterna fortuna. Certo nessuna arrivò al successo trionfale del fumetto di Goldrake: ne stampavamo centomila copie settimanali vendendone anche il 90%. Facemmo anche un libro con un fumetto inedito.
Il fatto è che Goldrake aveva un qualcosa che si trova sempre nei grandi successi. In qualche maniera, a mio parere, si incastrava nella cultura cattolica italiana, incarnando la figura del Salvatore sceso dal cielo per liberare l'umanità dal male.

M & N: Siamo d'accordo, anche se ciò non era di certo voluto dai giapponesi. Noi l'abbiamo assorbita così nel nostro patrimonio culturale, assieme ad altre peculiarità: Actarus è anche un po' supereroe americano, nel costume e nei pur limitati "superpoteri", e un po' eroe romantico e Principe Azzurro. Senza dimenticare l'ambientazione western. La teoria è meritevole di approfondimenti ma ci porterebbe fuori tema.
Torniamo a noi. Quale percorso seguiva la distribuzione dei diritti? Riguardo Goldrake, ad esempio, voi pubblicavate i fumetti, la "Edierre" l'album, la "Giunti Marzocco" il libro...

CAROZZO: All'epoca la RAI aveva creato questa organizzazione, la SACIS, che si occupava dello sfruttamento dei caratteri. La persona che seguiva queste cose si chiamava Galgano, che nel frattempo stava lavorando alla costruzione di RAI 3. Venne organizzata un'asta nel marzo del '78, preceduta da una visione in anteprima di alcuni episodi di Goldrake. Rimanemmo affascinati da questo nuovo tipo di animazione, assolutamente innovativo, e capimmo subito che si sarebbe trattato di un buon affare.
In realtà per la RAI si trattava di un esperimento: era la prima volta che si metteva in questo tipo di commercializzazione. Il merchandising dei prodotti per l'infanzia era allora praticamente sconosciuto.

M & N: Infatti il caso della sigla di "Furia", nel 1977, pose all'attenzione degli operatori l'ipotesi di un mercato che allora non esisteva. Ma quale fu il vero ruolo di De Rossi in tutto questo?

CAROZZO: Bisogna dire che De Rossi in quel periodo aveva in effetti creato una specie di monopolio dei prodotti giapponesi. Aveva fatto qualcosa anche con la "Salani" riguardo a Heidi (pubblicò il libro, ndr), perché aveva un collegamento con la "Munchen Merchandising", che allora ne deteneva i diritti. Noi però abbiamo potuto trattare direttamente con questa agenzia tedesca, sia per Heidi che per Maia, perché pubblicavamo in Germania. Per l'Italia i diritti erano invece in mano a De Rossi.

M & N: Eppure lasciò evidentemente qualche "buco vuoto", visto che di Heidi voi ne pubblicaste i trasferelli.

CAROZZO: Certamente. Noi non eravamo in contatto diretto con lui, avevamo un normale rapporto di concorrenza, anche se non così conflittuale come quello che c'è sempre stato con la "Panini". Attualmente De Rossi non fa più nulla: aveva acquisito talmente tanti diritti giapponesi da spaventare la "Panini", la quale gli comprò, per una cifra all'epoca importante, tutti i diritti e i macchinari, per poi distruggerli. Inoltre De Rossi si impegnò a non editare figurine per un certo periodo di tempo, alla scadenza del quale aveva evidentemente altri interessi. Mi sembra che poi si occupasse di video.
Per quanto ci riguarda, in quel periodo eravamo in ottimi rapporti con la "Mondadori" che aveva deciso di cessare le pubblicazioni di "Hanna & Barbera" perché non più interessanti per la sua dimensione. Così cedette i diritti a noi.

M & N: C'è da dire però che i prodotti di De Rossi erano di pessima qualità. Mentre gli album della "Panini" presentavano come figurine dei fotogrammi tratti dalla serie, corredati da un testo che raccontava la storia, quelli della "Edierre" erano un insieme di disegni bruttini e di carattere "onirico-non sense", realizzati non si sa da chi, che ricorrevano tra l'altro in quasi tutte le pubblicazioni riguardanti Goldrake. Oltretutto le figurine che avrebbero dovuto riempire i buchi bianchi lasciati nei disegni, spesso non combaciavano né come contorni, né sopratutto come intensità di colore, con risultati estetici assolutamente irritanti.

CAROZZO: Al momento non ricordo, ma non faccio fatica a credervi, visto che l'album fu realizzato in grandissima velocità dopo l'asta, per essere pronti all'uscita della serie in TV. Credo che ci fosse un documento della SACIS, che venne fatto girare tra gli addetti ai lavori, dal quale forse De Rossi ha tratto le immagini.

M & N: Quando uscì "La banda tivù", che ottenne un buon successo, voi eravate già presenti sul mercato. Come mai non pensaste ad una rivista-contenitore, anche alla luce della positiva esperienza di "TV Junior" della ERI?

CAROZZO: A dire il vero noi facemmo un tentativo in questo senso. Si chiamava "Portobello" e al suo interno si sarebbero dovute alternare le testate di maggior successo. In realtà queste iniziative non hanno mai avuto un grande seguito. Ora c'è "Solletico" che mi pare voglia seguire questa strada, e la "Edigamma" con i prodotti della "Saban".
Per "Portobello", ci diede i diritti Enzo Tortora, con cui eravamo in rapporti. Oltre ai fumetti c'era una parte redazionale curata da Melegari che, tra l'altro, so che ha in mente di fare un libro sulle vecchie figurine. Fabrizio era il figlio di Vezio Melegari, all'epoca agente di "Hanna & Barbera" in Italia. Adesso è il direttore del giornale del Milan, che è edito dalla "Panini", quindi ha fatto proprio tutto il giro...

M & N: Tra i fumetti c'era anche "Happy Days"...

CAROZZO: Sì, era un fumetto che riprendeva la serie TV. Tra l'altro abbiamo cercato di riproporne anche adesso qualche numero ma non ci è stato possibile, visto che i diritti appartengono alla "Marvel"...

M & N: Cosa? E negli USA c'è un albo di "Happy Days" editato dalla "Marvel"? O è solo un discorso di diritti generale?

CAROZZO: No, non c'è nessuna testata. Semplicemente la "Marvel" ha un accordo con la "Paramount" e quindi...
C'è comunque da dire che in realtà questi fumetti furono sempre considerati come un corpo estraneo inserito in quella che era la nostra principale attività, ovvero le figurine. Chiaramente provammo a sfruttare il successo di Goldrake con queste altre testate ma, visti i risultati modesti, alla fine abbiamo mollato. Era all'incirca il 1982 e il mercato stava entrando in crisi. I tentativi che facemmo non funzionarono, compresi un paio di numeri su Barbie, che sta invece uscendo ora. Forse abbiamo precorso troppo i tempi, eravamo avanti vent'anni!

M & N: Parliamo della testata "Actarus": aveva forse l'obbiettivo di arrivare a un pubblico più maturo?

CAROZZO: Sì, le nostre intenzioni erano quelle. Si trattava di un mensile tascabile realizzato dagli stessi autori di "Atlas Ufo Robot", e durò una decina di numeri. Il problema fu che, essendo iniziato più tardi, una volta esaurito il fenomeno Goldrake, si esaurì anche "Actarus". Ma di certo non ebbe mai il successo di pubblico del settimanale.

M & N: Alla fine degli anni '70, voi promuoveste un referendum "Goldrake sì/no" (stravinto tra l'altro dai "sì" col 98,4%). Cosa ricorda della violenta campagna anti-robot che si scatenò all'epoca? Come la vivevate voi editori?

CAROZZO: Beh, al contrario di quello che si può pensare, questo tipo di polemiche hanno in genere l'effetto di pubblicizzare il prodotto, visto che se ne parla parecchio. Io non mi sono mai preoccupato più di tanto, sono le solite campagne che ruotano attorno a qualunque tipo di successo. Dell'insuccesso non parla mai nessuno.

M & N: Dobbiamo dire che questo ci fa molto piacere. Personalmente abbiamo sempre sostenuto che i bambini italiani sono più intelligenti e meno influenzabili dei loro genitori. Semmai si rovinano con gli anni, quando diventano genitori a loro volta e dimostrano di non aver imparato la lezione.

CAROZZO: E' vero, sono fenomeni ciclici che si ripresentano ogni volta che salta fuori qualcosa di nuovo. Ne prendo atto, ma io non vedo nulla di particolarmente censurabile in questo tipo di prodotto: ogni cosa può essere pericolosa a seconda dell'utilizzo che se ne fa.
Ricordo invece un caso accaduto in Francia, veramente spiacevole, di una serie di figurine che riprendeva in chiave satirica, ma molto violenta, una linea di bambole di grosso successo. Ci fu un attacco davvero pesante, ma a mio parere sensato, che portò al ritiro delle figurine. Ma lì si trattava proprio di cattivo gusto. Sono comunque fenomeni che arrivano velocemente e velocemente se ne vanno.

M & N: Cosa ne pensa delle epurazioni e censure che subirono poi (e che subiscono tuttora) i cartoni trasmessi alla TV ?

CAROZZO: Vi dirò che io, tutto sommato, sono abbastanza favorevole a questi tagli: se il cartone si indirizza a una certa fascia, è giusto rispettarla. E' un discorso di mercato: in Italia l'animazione viene trasmessa solo per l'infanzia. Allora, di fronte a una serie che per l'infanzia non è, hai solo due strade: o non la compri o la adatti. Semmai a questo punto dovrebbe intervenire l'autore, ma se a lui va bene, va bene a tutti.

M & N: Purtroppo sappiamo tutti qual è il potere degli autori giapponesi sui propri lavori. Siamo abbastanza d'accordo con lei, ma crediamo che sia comunque una forma di violenza nei confronti dello spettatore, adulto o bambino che sia, anche lo snaturare e falsare lo spirito di un racconto o di un'opera d'arte.
Violenza è anche fomentare caccie alle streghe che non hanno ragione di esistere e che sono anzi fuorvianti: recentemente Red Ronnie ha addirittura affermato che quelli che buttano i sassi dal cavalcavia sono stati istigati dalla visione di Mazinga...

CAROZZO: E' sicuramente così: la violenza esiste e in qualche maniera va esorcizzata. I fumetti sono solo un'innocua catarsi di una pulsione che è comunque presente nell'uomo.

M & N: Un'ultima domanda: i manga stanno oggi vivendo un boom che non ha precedenti nell'editoria italiana. Come mai vi siete limitati ad attività parallele (giochi, libri, ecc.) e non siete rientrati nel mercato propriamente fumettistico?

CAROZZO: Noi abbiamo un rapporto privilegiato con gli editori giapponesi, e in particolare con la "Kodansha", e ci stiamo guardando intorno. Forse però bisognava muoversi prima, visto che ormai il mercato dei manga è decisamente intasato. Così preferiamo muoverci su altri settori, dove peraltro siamo già monopolisti.

Intervista rilasciata a La Spezia, il 24 novembre 1997
http://www.goldrake.info/contributi/carozzo.html


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L’apocrifo Mazinga Z
di Andrea Leggeri
pubblicato il 2-aprile-2012 su LoSpazioBianco

 Sono passati quarant’anni dalla nascita di Mazinga Z, quel robot prodigioso che ha rivoluzionato l’immaginario collettivo di più di una generazione di spettatori e lettori di fumetti, prima in Giappone poi nel resto del mondo.
Da noi arrivò nel 1980 nella sua versione animata, nel pieno dell’invasione giapponese avviata nel 1978 da Heidi e Goldrake e che, paradossalmente, aveva già portato sugli schermi delle tv italiane eroi ben più moderni ed evoluti di Mazinga Z.

Un arrivo che spiazzò non poco i piccoli telespettatori di allora. Chi era quel robottone che somigliava incredibilmente e portava lo stesso nome del già noto Grande Mazinga? E Ryo Kabuto non era terribilmente somigliante all’Alcor di Atlas Ufo Robot? Sarebbe passato qualche tempo prima che si riuscisse a rimettere tutti i tasselli nel posto giusto e riconoscere che Mazinga Z condivideva lo stesso universo narrativo dei suoi ”successori” Grande Mazinga e Goldrake, nonché Getter Robot, un universo messo in piedi dal genio di Go Nagai (e in effetti lo si era potuto vedere negli ultimi episodi del Grande Mazinga, in cui i due Mazinga combattono uno al fianco dell’altro).

Di quella serie la Rai trasmise soltanto poco più della metà dei 92 episodi di cui si componeva, sufficienti comunque a diffonderne il mito e a renderne popolarissimi i protagonisti. Una popolarità che da subito, come già accaduto per altri eroi del piccolo schermo, si estese alla carta stampata. Conseguentemente ai successi televisivi, le edicole si riempirono infatti di pubblicazioni che proponevano le trasposizioni a fumetti di quelle stesse serie.
Non si trattava ovviamente dei manga originali: improponibili per l’epoca l’importazione, la traduzione e l’adattamento delle opere giapponesi per l’ancora sostanzialmente artigianale mondo dell’editoria fumettistica italiana – anche se non mancarono le sporadiche eccezioni come Il Grande Mazinga di Gosaku Ota pubblicato in 25 albetti monografici da Fabbri Editori.
Erano invece fumetti per la maggior parte realizzati in Italia (o in altri paesi come Spagna, Francia e Germania) da studi grafici, giovani alle prime armi e professionisti navigati come Leone CimpellinUmberto Manfrin, Antonio Terenghi e altri.
Testate di grande successo come il monografico Atlas Ufo Robot Presenta Goldrake delleEdizioni Flash (che toccò le 120000 copie di tiratura settimanali) o le antologiche Tv Junior(Edizioni Eri-Rai), La Banda Tv Ragazzi (Edierre) e la sua evoluzione Cartoni in Tv (Edizioni Tv).

In questa valanga di iniziative editoriali, la cui parabola si risolse nel giro di pochissimi anni (tra il 1978 e il 1984) contemporaneamente all’ascesa e alla repentina (ma fortunatamente momentanea) scomparsa del grosso degli anime dagli schermi dei network nazionali, Mazinga Z è stato uno dei personaggi maggiormente presenti. Lo vediamo campeggiare sulla copertina del primo numero de La Banda Tv Ragazzi, datato marzo 1980, ma già da un paio di mesi appariva sulle pagine di Tv Junior, protagonista di avventure ispirate più o meno fedelmente al cartone animato.

Erano brevi episodi (mediamente di 6-8 pagine) in cui la trama era estremamente sintetizzata, si andava diretti al cuore dell’azione (che per le serie robotiche erano ovviamente i combattimenti) regalando ai piccoli lettori l’emozione di vedere replicate su carta le gesta degli eroi della tv.

Vincenzo Perrone, sceneggiatore molto attivo su quelle testate anche su storie di Mazinga Z, ci ha svelato alcuni particolari relativi alla realizzazione di quei fumetti:

“Andrea Mantelli (fondatore dello Smack Studio) e signora andavano a Francoforte per visionare le serie e segnalare all’editore che cosa acquistare o provare ad acquistare, perché ad un certo punto i diritti sono lievitati, il filone tirava e la concorrenza si era fatta agguerrita […] ogni nuova serie acquistata aveva dei bellissimi e costosissimi depliant che ne decantavano le virtù. Servivano per la raccolta pubblicitaria, immagino […] Tornando allo Smack Studio, che serviva sia Eri-Rai che Edizioni Tv, ricordo che Mantelli aveva un mega videoregistratore costosissimo, perché doveva leggere il formato delle videocassette giapponesi, così potevamo vederci alcune serie in anteprima, per capirci qualcosa! Come sceneggiatore avevo i testi in inglese che sarebbero andati al doppiaggio, così su alcune serie siamo partiti in contemporanea alla televisione, o quasi. In altri casi invece l’indicazione che avevo era di partire con i primi episodi a fumetti seguendo l’andamento televisivo, per poi mantenere il canovaccio, gli snodi principali, ma andare del tutto liberi. In pratica erano come episodi tra gli episodi, liberi, anche se non completamente slegati. […] Il tutto, sia ben chiaro, lo potevamo fare perché ai tempi i cartoni giapponesi erano ancora considerati un sottoprodotto. Non c’era l’attenzione e la richiesta di purismo che c’è oggi. Per gli adulti erano tutti uguali e tutti disdicevoli, per i ragazzi ovviamente no, loro sapevano distinguere e soprattutto sapevano scegliere”.

Poter visionare gli episodi prima o contemporaneamente alla loro messa in onda ufficiale era un’opportunità straordinaria per gli autori, che potevano così realizzare fumetti sempre “attuali”.
Questa pratica spiega anche la somiglianza prossima al ricalco che si riscontra tra alcune vignette e i fotogrammi originali delle serie animate, o la riproposizione di alcune immagini tipiche (dalle pose dei robot ai primi piani dei protagonisti), così come accadeva con le scene ricorrenti presenti negli episodi televisivi (le trasformazioni, l’entrata in scena dei robot ecc…).
Sono elementi che si ritrovano anche nelle pubblicazioni monografiche di Mazinga Z che l’Editrice Edierre lanciò massicciamente nel corso del 1980, saturando l’offerta e decretandone la fine nel giro di pochissimi mesi.

Il settimanale Mazinga Z (che riportava in copertina la pomposa dicitura “Il superfumetto della Rai Tv”) era uno spillatino tuttofumetto di appena 16 pagine a colori, contenente storie più lunghe rispetto alle riviste antologiche sopra citate, con trame appena più articolate, dialoghi ridotti all’osso e tanta azione. La parte grafica era piuttosto discutibile, sfondi appena abbozzati, anatomie e proporzioni approssimative, ma il pubblico infantile cui erano destinati questi fumetti faceva evidentemente più caso alle emozioni suscitate da quelle pagine, che prolungavano il piacere della visione anche quando la tv era spenta, che ai dettagli qualitativi.
Una curiosa discrepanza con la versione italiana della serie animata riguarda il nome del protagonista che, se in tv era ribattezzato Ryo Kabuto, nei fumetti dell’Editrice Edierre era (quasi) correttamente Kogi Kabuto (in luogo di Koji)!
Invece l’Hover Pilder (ovvero il mezzo volante attraverso il quale Koji pilota Mazinga Z) che nel cartone era tradotto come aliante slittante (sic!), nel fumetto diventava misteriosamente la navicella Polter 1°.

Contemporaneamente (siamo nel gennaio del 1980) arrivò nelle edicole il più corposo quindicinale Mazinga Z Rai Tv, con una storia in bianco e nero di 32 pagine e indimenticabile “copertina tutta di adesivi”!
Il fumetto era lievemente più complesso e lo stesso si dica per dialoghi, mentre il disegno si manteneva sugli stessi livelli di sostanziale mediocrità, con cadute evidenti come la ripetizione di vignette identiche nella stessa storia.
Il Mazinga Z Mensile, che uscì per appena 4 numeri tra il febbraio e il maggio del solito anno di grazia 1980, era invece la più ambiziosa delle produzioni Edierre: 64 pagine a colori con un lungo fumetto dai toni più adulti e maggiormente fedele all’anime originale. La caratterizzazione dei personaggi era sostanzialmente rispettata, non mancavano i momenti di pathos e tensione, mentre per quanto concerne il disegno non ci si discostava dalle altre pubblicazioni.

Nello stesso periodo, con Mazinga Z all’apice della popolarità, il primo robot di Go Nagai fu al centro di molte altre iniziative editoriali, dagli album di figurine ai diari scolastici, fino ad alcuni volumi cartonati editi da Salani contenenti una versione spagnola a fumetti.

Ok, l’apocrifo Mazinga Z tricolore non passerà alla storia del fumetto, eppure a risfogliare oggi quegli albi, in tutta la loroingenuità, non possono che ridestare emozioni nella generazione dei trenta-quarantenni, tenerezza per l’estremo candoredi quei prodotti senza pretese, senza sottotesti, che nascevano con finalità che non andavano oltre l’intrattenimento.
Uno sguardo nostalgico forse incomprensibile per chi non ha vissuto quegli anni, o per chi se li è lasciati alle spalle perdendo però per strada la voglia di lasciarsi emozionare con semplicità, ma se un fumettino di poche pagine, con tutti i suoi limiti, sa risvegliare ricordi e sensazioni autentiche, questo significa che lo spirito di quegli eroi è rimasto in noi anche a distanza di tanto tempo.

Un legame indissolubile di cui torneremo a parlare, tra altri quarant’anni.



6 commenti:

  1. me gustaria saber si venden soy de lima peru ,, saludos mi correo es sameli2922@hotmail.com porfavor escribirme para mayor informacion

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    1. nada venta aquì: solo compartir recuerdos.
      todas la paginas que puedes mirar son de mi colection personal.
      saludos

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  2. Muchas gracias por compartir su collection.

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  3. Ciao Jeeg, come stai? Complimenti e Grazie per il tuo lavoro con questi meravigliosi fumetti. Sembra che questo Blog non é stato modificao da un pó di tempo... comunque spero ritorni presto in rete. A presto. Yolanda

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  4. Buon lavoro, complimenti! MariaCarlotta

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  5. Wow, so many memories of Goldorak (^_^). Thank you very much for sharing your collection. Cheerio, Tim
    Molte Grazie.

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